Da Genova torna un punto, ma anche un Napoli che non c’è
Settanta minuti circa di non pervenuto. Possesso palla sterile. Confusione tattica evidente. Zero conclusioni verso la porta del Genoa, nel frattempo andato sul doppio vantaggio. Su due giocate da calcio d’angolo. Con evidenti errori di piazzamento nelle marcature.
Un Napoli troppo brutto e lontano parente di quella squadra dal gioco spumeggiante che aveva portato al recente tricolore, ha rischiato di lasciarci le penne a Marassi contro un Genoa non certo travolgente. Con gli azzurri quasi rassegnati all’epilogo negativo anche perché mai capaci di mettere realmente pressione alla difesa ligure.
Poi, poiché il calcio è bello anche per questo, sono bastate due fiammate dei subentrati Raspadori e Politano, per rimettere la gara in equilibrio ed evitare una sconfitta che sarebbe stata pesante nel risultato ma soprattutto non salutare in prossimità del primo incontro di Champions. Un obiettivo dichiarato dalla società.
Si è trattato, comunque, soltanto di due fiammate anche se ben congegnate. Solo uno stralcio, però, di un Napoli che non c’è più. Di un gruppo di ragazzi che parla ancora una lingua diversa del suo allenatore. Di un gruppo che incespica nell’applicazione di nuove direttive tecniche che quasi mai prediligono l’inizio della costruzione dal basso, sacrificandola spesso con la ricerca immediata della profondità.
Che le squadre avversarie però non concedono più. Perché il Napoli è stato oggetto di studio e tutti ormai hanno capito che lasciare spazi ad Osimhen è più che deleterio.
Risultato è che il Napoli, se non sblocca subito la partita, trova enormi difficoltà nel trovare spazi per affondare contro squadre più che mai compatte con le due linee di centrocampo e difesa strettissime pronte, tra l’altro, a rapide ripartenze negli spazi ampi che l’attuale Napoli concede.
Col Genoa è stato così, come lo era già stato con la Lazio. Più che preoccupante quindi.
Perché dimostra quanto Garcia sia ancora alla ricerca dell’assetto giusto da dare ai suoi in campo. Con posizioni e ruoli assegnati che lasciano più di qualche dubbio. E con interpreti che appaiono poco reattivi o per cattiva forma fisica, come l’attuale Anguissa, o per proprie caratteristiche tecniche come Jesus che non è un fulmine di guerra in difesa e nella fase di impostazione come lo era Kim. Con una gestione delle sostituzioni un po’ cervellotiche come quella di Kvara a Marassi che meritava, forse, interprete diverso: per esempio Lindstrom.
Poi, per carità, è anche giusto lasciare il tempo a Garcia di provare a dare la sua impronta alla squadra. Di conoscere meglio il materiale umano a sua disposizione. Di trovare il giusto modulo o i giusti moduli da alternare a partita in corso, utilizzando tutte le armi a sua disposizione. Nuovi acquisti compresi.
Però il tempo stringe e questo è evidente non solo dalla classifica che si sta delineando. Ma soprattutto perché è in pericolo la meravigliosa armonia di gruppo lasciata in eredità da mister Spalletti.
Questo si sarebbe un bel problema!
Quindi, monsieur Garcia, a te la prossima mossa.
Raffaele Castiello
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